Lavorare con i droni ai tempi del virus?  

 

Lavorare con i droni ai tempi del virus? Solo a queste condizioni.

Le indicazioni del Ministero dell’Interno

Una delle domande più frequenti che arrivano in redazione  riguarda la possibilità di lavorare con i droni. E intendiamo dire fare lavoro retribuito, non operazioni di protezione civile o della polizia locale che proprio in queste ore sono oggetto di un provvedimento ad hoc da parte di ENAC. A volte si può fare, ma come? Ce lo spiega Gabriele Di Marino, nella doppia veste di giurista del Ministero dell’Interno e Primo Dirigente Specialista Aeronautico della Polizia di Stato

Si può, e quando si può, lavorare con i droni nonostante il lockout? Poniamo la domanda al dottor Gabriele Di Marino, giurista del Ministero dell’Interno e Primo Dirigente Specialista aeronautico della Polizia di Stato, che ci spiega gli effetti giuridici per chi vola del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 22 Marzo.

 

Il primo provvedimento che osserviamo è la dichiarazione dello stato d’emergenza del 31 Gennaio che dura sei mesi. Quindi, se non verrà revocato da un ulteriore provvedimento, dott. Di Marino, tutti questi divieti potrebbero accompagnarci fino a fine Luglio?

La dichiarazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri ha avuto la funzione di riconoscere un’emergenza nazionale, poiché per intensità ed estensione il COVID19 non poteva essere affrontato con strutture e mezzi ordinari. Non ha imposto limiti alla circolazione delle persone, la finalità di quel provvedimento è stata di legittimare il Capo del Dipartimento di Protezione Civile ad emettere ordinanze in deroga alle disposizioni vigenti, necessarie a far fronte una una situazione che ha messo in crisi le strutture ed i servizi ordinari.  Per cui da febbraio con le Ordinanze di protezione civile si organizzano e realizzano il soccorso e l’assistenza alla popolazione interessata dall’ evento, ripristinando la funzionalità dei servizi pubblici e la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati. Per quanto ampio, il potere di ordinanza non di meno si svolge nei limiti della dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico nazionale e delle norme dell’Unione europea. L’eventuale concorso di operatori di droni aerei privati non è di regola consentito.  Sul punto rammento che l’art.7 del Regolamento ENAC vigente dispone che I piloti remoti e gli operatori SAPR non devono effettuare il volo in prossimità o all ’interno di zone in cui siano in atto interventi in risposta a una situazione di emergenza.

 

Eppure i piloti di droni potrebbero dare un contributo non secondario alla Protezione Civile e agli Enti locali.

Comprendo ed apprezzo la diffusa aspirazione dei Vostri lettori a trasportare materiali o effettuare voli di osservazione per rendersi utili in questa grave congiuntura, ma se tali interventi di soccorso ed assistenza si rendessero effettivamente necessari, sarebbe esclusivamente il Servizio nazionale di protezione civile a richiederli espressamente. Ogni autonoma iniziativa è vietata, anche per non compromettere le complesse attività in atto. Mi riferisco non solo a quelle di protezione civile, ma anche a quelle di controllo della piena esecuzione delle misure in atto per il contenimento del contagio. La definizione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica avviene, invece, in maniera dinamica e graduale con Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da ultimo quello del 22 marzo. Decreti legittimati dal Decreto Legge del 23 febbraio 2020 convertito dal Parlamento con la Legge del 5 marzo 2020, poiché solo per atto avente forza di Legge possono imporsi divieti od obblighi ai diritti ed alle libertà.L’esecuzione delle misure di contenimento in ciascuna provincia sono svolte a cura del Prefetto, in stretto raccordo con il Ministero dell’Interno, avvalendosi delle Forze di Polizia ed ove necessario con il concorso delle Forze Armate e dei Corpi di Polizia Locale. La direzione tecnica-operativa dei servizi compete al Questore, Autorità provinciale di Pubblica Sicurezza.

 

Proprio su questo punto è un po’ difficile orientarsi tra i vari divieti che una serie di provvedimenti, in così poco tempo, sta ponendo a chi lavora con i droni, ma si può uscire a lavorare con i droni ?

“Il problema è capire se il drone è, o meno, strumento di lavoro delle professioni che in questo momento sono autorizzate. Quindi, è consentito l’uso dei droni nelle attività produttive elencate dall’allegato 1 all’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quello del 22 marzo 2020. Più complessa, anche proceduralmente, è l’ipotesi in cui il drone sia impiegato in un’attività diversa, ma necessaria perché funzionale alla continuità delle attività indicate nell’ allegato 1. In tal caso, essendo un’attività non elencata espressamente nell’ allegato 1, occorre comunicare preventivamente al Prefetto della provincia, ove ha sede l’impresa richiedente, specificando qual è l’impresa (o amministrazione) del settore indicato in allegato 1, che è a valle della filiera, ossia, che beneficia dell’attività della richiedente. Chiaramente, se il Prefetto riscontrasse che manchino le predette condizioni legittimanti, ha la potestà di sospendere l’attività del richiedente.

Il settore delle attività professionali è attivo senza limitazioni, chiaramente adottando le misure di contenimento e gestione dell’emergenza indicate all’art. 1 comma 7 del DPCM dell’ 11 marzo 2020. Richiamiamo anche per le imprese del settore droni tali raccomandazioni, tuttora vigenti, affinchè:

a) sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
b) siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
c) siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
d) assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale;
e) siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali.

Attualmente quella del pilota di droni non è una professione legalmente riconosciuta, con norme dedicate espressamente alle specificità del volo da comando remoto, esercitato in forma professionale”.

 

In effetti non esiste un albo professionale o qualcosa di simile nella professione di pilota remoto.

“Appunto. In ambito aeronautico tradizionale è riconosciuto, per esempio, il lavoro aereo. Ma nel lavoro aereo non rientra il lavoro svolto con aeromobili a pilotaggio remoto. In mancanza di una esplicita previsione di questa categoria professionale e questo tipo di lavoro, l’attività con i SAPR durante l’emergenza coronavirus, in sintesi, è lecita – naturalmente seguendo le regole stabilite da ENAC e le misure di contenimento del contagio – se rientra nell’ambito di una attività che è di per sé autorizzata. Come, per esempio, le attività dell’industria aerospaziale. Capisco che ci siano operatori che esclusivamente svolgono attività di volo SAPR, impiegandoli, di volta in volata, a richiesta di settori economici eterogenei. E’ un problema legale ricorrente in vari ambiti lavorativi distinguere se uno strumento, in questo caso il drone, è solo uno dei profili operativi di una professione caratterizzata anche dall’uso di altri mezzi o da lavoro fisico o intellettuale prevalenti, oppure, se l’impiego del mezzo, ossia il pilotaggio di droni, è l’attività principale del lavoratore, cui sono asserviti gli altri strumenti ed impegni professionali. Penso a tutto il lavoro di preparazione e post-analisi che circonda un volo di pochi minuti per conto terzi, da parte di un soggetto la cui occupazione lavorativa principale, se non esclusiva, è l’attività SAPR.

 

E nel decreto del 22 Marzo, il Governo non ha previsto nulla di specifico per i piloti di droni?

“No, chiaramente questo nodo non poteva essere sciolto dal decreto, che si applica ‘a legislazione invariata’, come dicono i giuristi. Tali provvedimenti sono privi di innovatività per l’ordinamento, hanno effetti circoscritti alla durata dell’emergenza, non possono introdurre regolamentazioni di lungo periodo su nuove professioni o settori produttivi. Semplicemente si prende atto di quelli già esistenti e si disciplinano per raggiungere l’obiettivo di contrastare la pandemia e prestare soccorso ed assistenza a chi è in difficoltà”.

 

Quindi, per fare un esempio, l’agricoltura è una attività considerata strategica e non fermata dal decreto. Un drone impegnato in operazioni agricole può dunque svolgere le sue missioni? O nei cantieri aperti, per esempio quello che sta ricostruendo il Ponte Morandi a Genova, in cui l’attività non si è fermata? Se un drone fosse utile, potrebbe volare?

“ Si. Se un cantiere è legittimamente aperto, il drone può essere utilizzato nell’ambito dell’attività del cantiere. Sempre nel rispetto delle norme di ENAC”.

 

E nel caso di una piccola emergenza? Poniamo il caso in cui da un tetto cadono delle tegole, e il modo più semplice e spiccio per verificare se il tetto è in sicurezza fosse quello di fare una ripresa aerea? In questo caso il cantiere non c’è, ma si è verificato un evento in cui il drone potrebbe dare una mano…

“Fermo restando che i Vigili del Fuoco hanno una loro flotta di droni e, comunque, la capacità anche senza droni di valutare una situazione pericolosa, nel caso in esempio, immaginiamo che ci sia un rischio in atto di caduta di tegole o parti precarie. In questo caso, un’ispezione con un SAPR potrebbe essere un’infrazione all’obbligo generale di permanenza in abitazione ma sicuramente giustificata dalla situazione di assoluta urgenza, pensiamo ad una tettoia sovrastante l’area di accesso ad un edificio abitato. Anzi, proprio l’uso del drone ci permette di avere una migliore consapevolezza della situazione rimanendo a distanza da altre persone e dall’area direttamente esposta al rischio, quindi, può prevenire eventi pericolosi che potrebbero aumentare il rischio di infortunio e, quindi, ulteriore pressione sulle strutture sanitarie. In questo caso esemplificato, essendo l’impiego coperto da un’esigenza di assoluta urgenza, direi di si: il pilota può effettuare quella missione, ovviamente, in caso di controllo dovrà essere in grado di dimostrare l’esistenza della situazione di necessità”.

 

E come lo potrebbe dimostrare?

“Se prima dell’intervento del drone privato c’è stato un sopralluogo dei Vigili del Fuoco che abbiano interdetto o condizionato gravemente l’uso dell’edificio, imponendo al proprietario la messa in sicurezza. E’ chiaro che la visione dall’alto potrebbe essere strumentale ai lavori di manutenzione e ripristino. Ma occorre fare una valutazione: ogni uscita dal luogo di dimora, se è rinviabile, va assolutamente rinviata. Altrimenti, non si persegue l’obiettivo fondamentale del decreto, che è non spostarsi per contenere il contagio. La regola è non uscire, l’eccezione deve essere legata a situazioni assolutamente urgenti per esigenze molto importanti se non gravi.  Fermo restando che sia l’attività degli studi di architettura e di ingegneria che, in più generale, i collaudi e le analisi tecniche (ATECO 71) sono consentite, in generale, ciò che comporta spostamenti e vicinanza fisiche tra persone andrebbe opportunamente rinviato in questo periodo. Vede, il DPCP del 22 marzo 2020 ha rivisto in senso più restrittivo, ma preferirei dire più preventivo, le circostanze che legittimano gli spostamenti fuori dall’abitazione. Prima del 22 marzo scorso, era consentito di superare il divieto di spostamento delle persone fisiche per “situazioni di necessità”. Nella fase attuale dell’emergenza, con il DPCM del 22 marzo non rilevano più le situazioni di necessità, ma “esigenze di assoluta urgenza”, tali da costringere il soggetto ad uscire per impiegare un drone, oppure, comprovate esigenze lavorative o motivi di salute.

 

Quindi occorre una valutazione caso per caso. Ma chi la può fare questa valutazione? Ci sono linee guida, o potrebbe essere opportuno per esempio chiedere un’autorizzazione alla Prefettura o alla Questura?

“La legge penale non ammette ignoranza, è un brocardo spesso citato, eppure nel codice penale troviamo un principio di civiltà, illuminante in ogni rapporto tra la persona e gli obblighi prescritti dall’ordinamento: lo stato di necessità. Nessuna infrazione all’obbligo di permanenza in abitazione per impiegare un drone, nel rispetto delle norme aeronautiche, è punibile se chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Attenendosi a questo risalente principio ed a quello, decisamente più aperto, previsto dal DCPM 22 marzo, che giustifica le uscite per esigenze di assoluta urgenza, si può discernere il proprio operato, senza chiedere alla Questura, come diceva lei. Il Ministro dell’Interno, nel fare appello al senso di responsabilità dei cittadini ha rammentato che compito delle Forze di Polizia è di informare e di aiutare i cittadini nei momenti di smarrimento e difficoltà. Ma anche di eseguire controlli rigorosi, attività che il nostro Capo della Polizia ci ha chiesto di fare con profonda umanità, col fine principale di aiutare a comprendere questi provvedimenti che non hanno precedenti nella storia repubblicana e di cui tutti siamo destinatari. Ed è quello che stiamo facendo oggi anche in questa breve riflessione su Dronezine a beneficio dei suoi lettori operatori, produttori o anche semplicemente appassionati di droni aerei. Quando più 20 anni fa ho studiato l’art. 24 della Legge 121/1981: La Polizia di Stato esercita le proprie funzioni al servizio delle istituzioni democratiche e dei cittadini sollecitandone la collaborazione, mai avrei pensato ad uno scenario di impiego del genere, eppure ognuna di quelle parole da la misura concreta del peso delle nostre responsabilità quotidiane in servizio e con i nostri cari. Mi consenta di dire: restiamo a casa. Usciamo per far volare un drone solo se abbiamo un’ esigenza, ossia un bisogno reale, urgente, che non può essere soddisfatto dopo il termine di efficacia del Decreto (il 3 aprile 2020) ed assoluto, un’esigenza che sia evidente in tutta la sua importanza obiettiva e condivisibile, non secondo una percezione strettamente personale, ancorché degna della massima comprensione emotiva. Si comprendono, in un momento di disagio come questo, le privazioni di chi era abituato a svolgere un’attività letteralmente all’aria aperta, come il pilotaggio di aeromobili senza equipaggio a bordo o come l’aeromodellismo classico, ma non possono giustificarsi infrazioni, perché effettivamente ‘la migliore garanzia di un risultato positivo è che ognuno di noi diventi controllore di se stesso’ .

 

Tra le attività che continuano nonostante il lockdown c’è il giornalismo. Vediamo spesso in questi giorni riprese aeree che documentano le città vuote, il drone journalism è lecito? Prevale il diritto di cronaca rispetto al Decreto?

“Certo, come è giusto che sia, l’informazione libera è una garanzia anche per la democrazia. Il diritto di cronaca può essere invocato per giustificare una ripresa aerea, tenendo conto che il sorvolo dei centri abitati è soggetto a norme particolarmente stringenti di ENAC: si può fare in scenario standard o con un trecentino, ma non perdiamo di vista il perimetro delle norme che disciplinano l’uso dei SAPR negli scenari critici. A cominciare dal divieto assoluto di sorvolare assembramenti di persone, per quanto illegittimi in questa situazione, ma che, proprio per questo,  diventano molto interessanti da riprendere dal punto di vista giornalistico. Detto questo, essendo consentito il giornalismo, anche il drone journalism si può continuare a esercitare. Come è giusto che sia”.

 

E invece le missioni non urgenti, come potrebbe essere una ripresa pubblicitaria o la aerofotogrammetria di edifici non in imminente pericolo di crollo non sono ammissibili.

“Se sono rinviabili, vanno rinviate, assolutamente se estranee alle attività produttive e professionali consentite dal DPCM 22 marzo 2020. Nella situazione di necessità invece possono ricadere casi come l’assistenza a una persona in difficoltà, non necessariamente per problemi respiratori, anche per esempio a causa di un’infortunio: e proprio per mantenere le distanze interpersonali, potrebbe avere molto senso avvicinarsi con il drone per rendersi conto della situazione. Il drone, in casi di assoluta urgenza, può diventare uno strumento per la relazione sociale a distanza, facendo proprio quello per cui è tanto apprezzato: portare degli occhi dove non si può arrivare a piedi.

 

E per quanto riguarda il volo ricreativo? Abbiamo visto eccezioni per i runner, per i proprietari di cani… Se vicino a casa (per chi vive in campagna, certamente, visto che in città non si vola) si volesse fare attività motoria volando con il drone, sarebbe possibile?

“Come sappiamo le attività motorie sono state ulteriormente limitate, e comunque le attività ricreative all’aperto sono proibite. Anche quando la cosiddetta passeggiata all’aria aperta era praticata con una certa disinvoltura, quasi un fenomeno di massa, rivelatosi poco compatibile con il distanziamento prescritto, il volo del drone non era consentito. Attualmente, a seguito dell’Ordinanza del 20 marzo 2020 del Ministero della Salute non e’ consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona. E’ consentito l’esercizio fisico, non attivare i canali neuro-psicomotori connessi all’uso del drone. Far volare il drone per hobby non è consentito, a meno che l’attività possa svolgersi nelle esclusive pertinenze della propria abitazione in un’area che oltre ad essere di uso esclusivo, sia chiaramente rispondente alle norme di navigazione del drone utilizzato.

 

E i voli di allenamento? I professionisti possono addestrarsi per mantenere la loro capacità operativa?

“Il problema che si pone, e non riguarda gli hobbisti ma i professionisti, è prprio il mantenimento delle capacità operative. Fino all’edizione 2 del Regolamento ENAC, era prescritto che i piloti potevano fare operazioni specializzate, purché avessero portato a termine almeno tre voli nei precedenti 90 giorni, e questo per garantire un livello minimo di addestramento e allenamento. Una norma che non si rinviene nel Regolamento ENAC del 2019, l’edizione 3, quella attualmente in vigore.

 

Cosa accadrà al livello di preparazione dei piloti remoti dopo mesi di inattività se non si può volare nemmeno per allenarsi?

“La questione è molto sentita in aviazione generale. La determinazione e standardizzazione delle ore di volo necessarie per essere considerati nel pieno delle capacità operative è ben considerata nell’aviazione manned, ma per i SAPR non c’è una disciplina per l’allenamento. Se questa norma fosse stata mantenuta, quei tre voli avrebbero potuto essere abbinati a un incarico, e a maggior ragione si sarebbe potuto volare, mentre  un pilota senza incarichi avrebbe potuto comunque volare per allenamento. Ribadiamo che questa norma è stata abrogata, quindi, non c’è giustificazione che possa consentire di fare voli di allenamento.

 

Che ne pensa ENAC? Questo è un punto che se ENAC approfondisse, non ci sarebbe ragione per le forze dell’ordine di sanzionare il pilota che vola per addestramento, esattamente come è consentito agli atleti professionisti di allenarsi.

E’ chiaro che sarebbe importante che i piloti professionisti volassero con una certa continuità, per mantenere l’efficienza operativa e non rischiare di diventare un pericolo loro stessi, ma obiettivamente ENAC non poteva prevedere le attuali limitazioni agli spostamenti dalle abitazioni. Inoltre, l’entrata in vigore delle norme UE programmata per il 1° luglio 2020 ed i Regolamenti di implementazione e quelli delegati ancora attesi, non sono certo un incoraggiamento a disciplinare ulteriormente il settore. Ad ogni modo, in mancanza di norme sull’addestramento di mantenimento delle capacità di pilotare i droni, valgono i divieti che abbiamo già circostanziato.

By Luca Masali per la rivista          -24 aprile 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

    recensione By Giampaolo Figorilli – 09 maggio 2020 - news   


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