I pilastri su cui si basa il diritto positivo degli scarichi sono sostanzialmente riconducibili all’obbligo di autorizzazione e al rispetto di limiti qualitativi (e quantitativi) di emissione. L’intensità in termini restrittivi di tali previsioni normative è data dalla relazione tra la pericolosità potenziale dello scarico e la vulnerabilità del substrato ricevente.
È pertanto evidente che il gestore del Servizio Idrico Integrato assurge ad un ruolo centrale nell’attuazione di strategie e attività volte al censimento e al controllo degli scarichi, in stretta collaborazione con le Autorità competenti.

BrianzAcque ha sempre mostrato una grande attenzione alla tutela della risorsa idrica, declinata attraverso diverse iniziative, come ad esempio il grande progetto di monitoraggio di tutti gli scarichi di competenza con un sofisticato sistema di allerta in tempo reale e misura di portata, una commessa da circa 7 milioni di euro.
Negli anni, le operazioni di censimento degli scarichi sono sempre state curate con attenzione e continuità, tradizionalmente svolte mediante la perlustrazione appiedata dei corsi idrici, un’attività estremamente impegnativa e caratterizzata da un profilo di alto rischio per la sicurezza degli operatori, soprattutto in alvei particolarmente incisi, o antropizzati, con muri di contenimento alti ed estesi.

Un progetto pilota sviluppato in 2 anni per monitorare le risorse idriche con l’uso di droni

BrianzaStream, questo il nome del progetto pilota sviluppato tra il 2017 e il 2019, supera questi limiti, mediante il ricorso ai droni, che si sostituiscono agli occhi degli operatori, raggiungendo anche le aree inaccessibili, e restituendo un output disponibile per tutti, perché non racchiuso nella memoria del tecnico, ma riprodotto con video e foto, anche interattivi e ripetibili.
L’idea di utilizzare gli APR (aeromobili a pilotaggio remoto) per raggiungere le zone inaccessibili è nata, come spesso accade, fuori dall’ufficio, in una domenica pomeriggio, ad una manifestazione di droni a scopo ludico. Del resto, l’innovazione è proprio racchiusa qui: la contaminazione e la trasversalità degli ambiti, delle competenze e delle idee portano a sviluppare prospettive e approcci diversi e spesso inattesi.
Nell’immaginario comune, la parola “drone” evoca subito immagini legate alla fantascienza (colpa di George Lucas!) e all’innovazione tecnologica, ma per un tecnico l’APR è un valido strumento di indagine, che consente maggiore sicurezza, ma anche speditezza e usabilità dei dati.

Droni per ottenere immagini geo-referenziate, digitalizzate, manipolabili e condivisibili

L’output di progetto è un dato completamente digitalizzato, georeferenziato e declinato in diversi formati, quali shapefile vettoriali, fotografie e videoriprese sferiche VR-360°, fotografie e riprese 2D, monografie per ciascuno scarico, con classificazione e caratterizzazione.
Il grande vantaggio di una restituzione digitalizzata è la facilità di overlapping con informazioni digitali, come autorizzazioni storiche, cataloghi ed estrazioni da database complessi, oltre alla possibilità di agili sovrapposizioni di strati informativi territoriali anche con strumenti GIS opensource.
Analogamente, i video e le fotografie rappresentano una risorsa preziosa per l’osservazione e il monitoraggio anche dello stato degli alvei nel tempo.

Il metodo “BrianzaStream” è stato recentemente adottato da Regione Lombardia per un importante progetto di censimento lungo tutta l’asta del Seveso, che al termine vedrà quasi 100 km di corso idrico ispezionato, fotografato e filmato, a dimostrazione che gli APR sono ormai da considerarsi uno strumento di lavoro prezioso e con cui familiarizzare sempre più.
Tra il 2018 e il 2020 sono stati effettuati test aerofotogrammetrici con APR in campo, in contesti diversi e con fini tecnici differenti, volti a maturare una consapevolezza sui vantaggi e gli svantaggi della tecnologia.
L’utilizzo della fotogrammetria con drone ha, naturalmente, dei limiti e dei pregi, che vanno considerati e soppesati all’interno del processo.

Per quanto concerne i limiti relativi alla fase operativa, che riverberano fortemente sulla qualità della restituzione, uno degli elementi rivelatosi maggiormente critico è da ricondursi al livello di accuratezza desiderato.
Spesso confusa con la precisione, l’accuratezza è un elemento centrale per la progettazione di infrastrutture: un dato scarsamente accurato può concorrere ad errori progettuali, più o meno rilevanti.


Esiste una stretta relazione tra accuratezza del dato rilevato in quota e la precisione (e il numero!) delle misure topografiche a terra: senza precisione topografica, dimentichiamoci accuratezza fotogrammetrica!

Questo rappresenta un significativo vincolo operativo, perché costringe il progettista ad un bilanciamento obbligato tra il costo necessario per garantire alta precisione nel rilievo a campo, sia in termini di strumentazione, che di speditezza operativa, e l’individuazione delle migliori condizioni di rilievo in volo.
La tipologia di APR utilizzato, la quota di sorvolo e la tecnologia, e quindi il peso del payload utilizzato, sono elementi fortemente condizionati dal contesto in cui si esegue il rilievo.
In ambito urbano, la presenza di palazzi, o di alberature rendono difficoltoso il lavoro sia a terra che in volo, perché da un lato appesantiscono le attività topografiche, spesso da eseguirsi mediante stazione totale, e dall’altro impongono ristrettezze estreme sia sulle quote di sorvolo, che sul mezzo da impiegarsi, in tal caso un drone cosiddetto “trecentino”, ossia di peso inferiore ai 300 grammi, con possibile sacrificio delle potenzialità della camera ottica. –  [Ad oggi i trecentini possono essere sostituiti con droni dal peso inferiore a 250 grammi – NDR].

Altro aspetto critico da valutare è che l’accuratezza del dato aerofotogrammetrico 
diminuisce all’aumentare della quota di sorvolo.
A valle dei test effettuati, si ritiene che possa considerarsi soddisfacente un livello di accuratezza che si attesti tra i ± 2-3 cm sul posizionamento planimetrico e ± 4 cm sulla quota altimetrica, dati non sempre coerenti con le esigenze progettuali e con le condizioni del contesto in cui si opera.
Tra i vantaggi operativi del rilievo con il drone brilla naturalmente la possibilità di indagare aree vaste, in tempi estremamente ristretti, e di poter rilevare zone irraggiungibili o pericolose, tuttavia è bene considerare che è sempre necessario, ed elemento sintomatico di professionalità dell’operatore APR, procedere con un’analisi dei rischi e con la verifica della “volabilità” della zona, in termini di interferenze e di divieti di volo, come nel caso delle No Fly Zone.

 

La presenza di ostacoli, quali ponti, auto parcheggiate, o anche chiome di alberi particolarmente frondose rappresentano un limite di rilievo importante, in quanto tecnica di rilievo passiva, la fotogrammetria restituisce informazioni solo di ciò che è “visibile” nelle inquadrature del drone.
Per questa ragione, il mercato si sta orientando sempre più verso il ricorso alla tecnologia LiDAR, che sfrutta il laser scanning, e consente di ottenere ottimi rilievi anche in aeree particolarmente verdeggianti, ma che naturalmente restituisce un formato di dati ancora diverso da quello della fotogrammetria e che pertanto in alcuni casi potrebbe richiedere un abbinamento con la fotogrammetria, per avere output più differenziati.

Croce e delizia del rilievo aerofotogrammetrico con drone è difatti il format dell’output restituito.
L’immensa mole di dati a disposizione rappresenta una grande opportunità, purché questa sia gestita e customizzata per le finalità attese.
La nuvola di punti offre al progettista una ricchezza di dati impossibile da riscontrare nei rilievi tradizionali.
La densità di punti al suolo, su quote di volo di circa 25-30 m da terra, si aggira attorno ai 3.500 punti/mq. In termini operativi, è come avere a disposizione, in qualsiasi momento, un dato georeferenziato, tridimensionale, vettoriale di qualsiasi elemento presente a campo. A questo si affianca l’elaborazione di ortofoto, un’istantanea misurabile, non deformata e interrogabile dell’area indagata, che può essere utilizzata sia come base progettuale su CAD, che per arricchire un database territoriale.

 

In termini operativi, fatto una volta il rilievo, un tecnico avrà a disposizione, in qualsiasi momento, i dati, pienamente utilizzabili dagli strumenti progettuali, senza dover tornare a campo perché, magari, non ha preso le quote di un marciapiede, o la posizione di un manufatto.
Il modello digitale di elevazione (DEM) ricostruito rappresenta un substrato completo e interattivo, utile per la modellazione e la simulazione di scavi, a fronte di un volume noto da realizzarsi, nel caso di un invaso naturale, ad esempio, e rappresenta anche un ottimo substrato per lo studio della corrivazione delle acque di scorrimento su terreni naturali. Il modello tridimensionale offre anche il grande vantaggio di poter essere compreso anche dai non addetti ai lavori, attraverso la visualizzazione di render interattivi, aspetto piuttosto utile nella comunicazione con gli stakeholders e il pubblico.

Se poi pensiamo che la base per una progettazione BIM è un modello tridimensionale, dove ogni elemento porta in dote una serie di attributi intelligenti, avere a disposizione una mole di dati, sovrapponibili, manipolabili e interattivi, è intuibile capire quanto l’aerofotogrammetria e il Lidar da drone rappresentano un canale di accelerazione per lo sviluppo molto significativo del Building Information Modeling.

Per converso, la grande ricchezza di dati rende spesso poco comprensibile e gestibile l’output da parte delle Committenze, che quindi potrebbero trovarsi scoraggiate davanti a troppa complessità.
La discretizzazione della nuvola è un’operazione fondamentale per fittarla alle esigenze dei software di simulazione e modellazione matematica, ma anche per renderla substrato agevole di progettazione.
Analogamente, è dirimente l’individuazione delle finalità specifiche, che possono essere diversificate e gestite con pacchetti e formati diversi, pur partendo dallo stesso output.

Dati e patti chiari, amicizia lunga e analisi corrette

Dal confronto frequente con i professionisti del settore e con i colleghi della pubblica Amministrazione emerge spesso una situazione paradossale, in cui i primi attribuiscono alle Committenze scarsa chiarezza nelle richieste, mentre i secondi mostrano diffidenza verso le restituzioni spesso poco ficcanti per i bisogni specifici.
Opinione di chi scrive è che… In medio stat virtus!

In questo momento, dove il mercato di settore sta vivendo un evidente impulso, la comunicazione tra operatori economici e committenze è un elemento di estrema importanza: può essere acceleratore o freno.
È necessario uno sforzo dei professionisti nel ridurre la complessità degli output, prevedendo restituzioni tailor-made, cercando di approfondire quali siano realmente gli elementi strettamente utili al proprio committente, senza rovesciare sulle committenze terabyte di dati, materialmente impossibili da gestire e comprendere.
Analogamente, deve esserci un’apertura, più culturale che tecnica, verso un nuovo approccio al dato da parte delle Committenze, abbandonando i rassicuranti binari noti, per provare nuovi percorsi, sicuramente impegnativi nella fase iniziale, ma con potenzialità immense sul medio termine.

In conclusione, i droni sono certamente uno strumento che BrianzAcque intende potenziare, nell’ottica di affinare sempre più l’utilizzo, informandolo alle esigenze specifiche e valorizzando gli output, finalità perseguibile solo attraverso l’attribuzione di un significato al dato, in relazione all’organizzazione.

 

 

 

 

 

 

 

A proposito dell’autore:
K.Cornelia Di Finizio
Coordinatrice Ufficio Progettazioni Innovative
Settore Progettazione e Pianificazione Territoriale
BrianzAcque srl

 

Tutte le foto sono di proprietà di BrianzAcque

 

by redazione DRONEZINE. gennaio 2021